Regione Sanità, l’assessore Bartolazzi boccia la riforma Schillaci

Sanità, l’assessore Bartolazzi boccia la riforma Schillaci

Per l'esponente della giunta Todde restano forti perplessità riguardo l'assenza di stanziamenti aggiuntivi e per l'impatto economico, oltre al mancato coinvolgimento delle Regioni

Non convince Bartolazzi la riforma Schillaci, varata dal governo Meloni per far fronte all’emergenza sanitaria in Italia.

Secondo l’assessore regionale alla Sanità si tratta di misure condivisibili e di buonsenso, ma restano forti perplessità riguardo l’assenza di stanziamenti aggiuntivi e per l’impatto economico. E soprattutto per il mancato coinvolgimento delle Regioni.

“A una prima analisi – dice l’assessore Bartolazzi – è chiaro che si condividono le misure ad alto impatto normativo come il Cup unico, le visite nei weekend e altre che costituiscono interventi di buonsenso”. Ma su questi interventi, la Regione vorrebbe “aprire una discussione seria con il governo che purtroppo ancora non c’è stata”, continua l’esponente della giunta Todde.

“Questo è un decreto su cui le Regioni sono state poco coinvolte, molto astratto e ancora privo di coperture finanziarie – sottolinea Bartolazzi -. Ci riserviamo, quindi, di valutare le misure ad alto impatto economico che andranno nel decreto legge, perché dovremmo avere quanto meno un concorso di spesa”.

Per quanto riguarda i dati della Sardegna, oltre alla carenza di medici ci sono anche le liste d’attesa sempre più lunghe. A penalizzare il sistema regionale sardo, c’è il fatto che dal 2007 la Regione provvede da sé al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul proprio territorio, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato.

In Sardegna, con poco meno di 1,6 milioni di abitanti, mancano circa 400 medici specialisti, 100 medici di famiglia e circa 50 pediatri. Il dato, insieme a quello dei tempi medi di attesa per visite specialistiche ed esami, spesso si risolve con la rinuncia dei sardi alle cure (il 12,3%).

Lo rivela l’ultima analisi di Sardegna Salute: negli ultimi due anni le liste d’attesa “ad alta priorità” (entro 10 giorni) si sono lievemente accorciate, mentre quelle per le prestazioni “differibili” (entro 30 giorni) e “programmabili” (entro 120 giorni) stanno peggiorando.

Sui tempi dell’attesa, i dati parlano chiaro: se per una visita urgente cardiologica l’attesa è in media di 7 giorni, per la stessa visita “differibile”, cioè da svolgere entro 30 giorni, se ne devono attendere 107. Per una prima visita endocrinologica “urgente” si supera di 5 giorni il limite imposto, mentre per un appuntamento “differibile”, invece del massimo di 30 giorni, si va a 131 giorni. La situazione peggiora con gli esami diagnostici: con 103 giorni di attesa per una tac dell’addome inferiore “differibile” e addirittura 460 giorni per una risonanza magnetica della colonna vertebrale o 135 giorni per una semplice eco color doppler cardiaca.

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