Tre milioni e mezzo di spettatori, quelli raggiunti martedì scorso 30 gennaio per la fiction Rai “La lunga notte – La caduta del Duce” diretta da Giacomo Campiotti.
La miniserie tv in onda sul primo canale ha registrato il 17,7% di share sbaragliando la concorrenza Mediaset (I fantastici 5 su Canale 5, e Le Iene su Italia Uno).
Vuoi per la trama avvincente – si raccontano le tre settimane precedenti la notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, quando si svolse l’ultima riunione del Gran Consiglio del fascismo che sancì la fine del regime fascista – vuoi per gli interpreti di livello chiamati a raccolta, tra cui Alessio Boni nei panni di Dino Grandi (presidente del Gran Consiglio del fascismo), Duccio Camerini che assume volto e pose di Benito Mussolini, e Martina Stella che interpreta l’amante del duce, Clara Petacci.
Nella fiction Rai, però, si dà ampio spazio anche alle nuove generazioni dell’epoca, che in seguito all’orrore della seconda guerra mondiale e la disillusione del regime fascista, sognano un’Italia libera e la fine della dittatura. Tra questi c’è anche Italo Niccolai (Riccardo De Rinaldis), figlio del capitano Furio, ucciso barbaramente dagli uomini dell’Ovra per essere sospettato di voler congiurare contro Mussolini e la sua cerchia.
Una tragedia che “sveglia” improvvisamente Italo e lo spinge verso il Partito d’Azione, in cui milita il compagno d’armi Emilio (Giulio Cristini). Entrambi giovanissimi organizzano incontri clandestini per abbracciare l’antifascismo, che diventerà la loro nuova missione politica.
Evidente quindi il richiamo al fondatore del Partito sardo d’Azione, Emilio Lussu, che in quegli anni si era già fatto ampiamente conoscere per le sue battaglie al fronte nella prima guerra mondiale e successivamente per la sua lotta al regime fascista con la creazione di un polo d’opposizione – che divenne ben presto clandestino – e che gli valse il confino a Lipari in quanto aperto oppositore del regime.
L’anno prima quello raccontato nella fiction Rai, nel giugno 1942, alcuni componenti di Giustizia e Libertà avevano fondato in Italia il Partito d’Azione. Al suo ritorno nel Belpaese, Lussu fu subito inserito negli organismi di vertice del neonato partito per una precisa scelta politica del gruppo dirigente azionista, in particolare di Ugo La Malfa.
Il 10 settembre Lussu partecipò alla Resistenza a Roma. La fusione di Giustizia e Libertà con il Partito d’Azione fu sancita da una sua nota del 29 ottobre 1943, nella quale l’uomo politico di Armungia scriveva al “centro meridionale del Partito d’Azione” che mai il partito avrebbe collaborato con Badoglio e con la monarchia e di non preoccuparsi della scomparsa Giustizia e Libertà scompaia, perché “GL e PdA sono la stessa cosa e sarebbe fuori luogo ora far questione di denominazione”.
Dopo la liberazione della Capitale, Lussu realizzò l’affiliazione del ricostituito Partito sardo d’Azione nel Partito d’Azione.
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