I nuraghi hanno resistito per millenni ai più dirompenti fenomeni atmosferici, ma non è dato sapere quanto ancora possano resistere nel prossimo futuro.
Tra gli eventi più pericolosi sono ci sono anche gli sbalzi di temperatura che porterebbero a rotture nella struttura della pietra, e i sali che, quando l’acqua evapora, creano pressioni che minano alla loro sopravvivenza.
È quanto emerso da un modello matematico messo a punto da un gruppo di ricercatori sardi. I rischi, ma anche un possibile rimedio a questi danni, sono stati presentati in uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Case Studies in Construction Materials. È stato creato un modello “fuzzy” (procedura che sfrutta delle variabili non semplicemente come numeri ma con decisioni che si sovrappongono senza classificazioni rigide) per monitorare e proteggere i nuraghi o i siti archeologici dal degrado legato al tempo meteorologico.
Il test è stato realizzato nel sito di Genna Maria, a Villanovaforru, a una sessantina di chilometri da Cagliari. “Grazie all’interazione tra diverse variabili (proprietà dei materiali in opera e condizioni ambientali: temperatura, umidità relativa, radiazione solare, velocità e direzione del vento) – spiegano gli autori della scoperta – siamo riusciti a stimare i periodi in cui la struttura è più esposta al degrado. I mesi di maggiore vulnerabilità sono risultati essere gennaio, febbraio e dicembre. Abbiamo confrontato le previsioni del modello con i fenomeni osservati sul posto e con i risultati dei test di invecchiamento accelerato in laboratorio, confermando l’affidabilità del modello”.
Il sistema può essere applicato anche in altri siti archeologici.
I protagonisti della ricerca sono Marta Cappai (ricercatrice a tempo determinato), Giorgio Pia (professore associato in Scienza e Tecnologia dei Materiali nel Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali dell’Università degli Studi di Cagliari), e Ulrico Sanna (professore ordinario in pensione).
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