Lavoro Lavoro, anche in Sardegna parte la raccolta firme per referendum

Lavoro, anche in Sardegna parte la raccolta firme per referendum

Saranno quattro i quesiti sottoposti ai cittadini per i quali domani, 25 aprile, inizierà la raccolta delle 500 mila firme necessarie per portare i referendum al voto del Paese

Parte domani in tutta Italia e anche in Sardegna la raccolta firme per i referendum su licenziamenti, contratti a termine e sicurezza promossi dalla Cgil nazionale. “Vogliamo restituire centralità e valore al lavoro svilito e deprivato da leggi e norme che lo hanno reso precarie e insicuro” ha detto il segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante.

Saranno quattro i quesiti sottoposti ai cittadini per i quali domani, 25 aprile, inizierà la raccolta delle 500 mila firme necessarie per portare i referendum al voto del Paese.

Doppio appuntamento quindi, domani, per la Cgil, che sarà come ogni anno impegnata nelle celebrazioni della Liberazione e poi nei primi banchetti allestiti per la raccolta firme.

A Cagliari in piazza del Carmine dalle 11 alle 13.30, a Sassari dalle 13 alle 18 allo Spazio Tev a Li Punti, a Carbonia in piazza Roma dalle 8.30 alle 13.30, a Olbia in piazza della Resistenza dalle 9 alle 13,, a Nuoro in piazza Italia dalle 11.30 alle 13.30, a Oristano in piazza Eleonora dalle 10 alle 12.

È il punto di partenza di una vasta mobilitazione che nei prossimi mesi vedrà impegnate le strutture della Cgil a ogni livello in tutti i luoghi di lavoro, nelle piazze dei piccoli e grandi centri, ovunque ci sia l’occasione per raccogliere le firme a sostegno della campagna referendaria. Per spiegare l’importanza della mobilitazione il segretario Cgil riparte dalle prime parole della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, e non si tratta certo di un lavoro povero, precario e in subappalto come quello imposto oggi a migliaia di lavoratori e lavoratrici”.

Il primo quesito mira a cancellare il contratto a tutele crescenti normato dal Jobs act che dal 2015 rende possibili, nelle aziende con più di 15 dipendenti, i licenziamenti senza giusta causa, impedisce il reintegro e prevede solo un indennizzo: “Quel contratto – spiega Durante – ha precarizzato il lavoro consentendo che lavoratrici e lavoratori possano essere licenziati in qualsiasi momento e senza alcun motivo, perennemente sotto ricatto”.

Il secondo quesito riguarda le aziende al di sotto dei 15 dipendenti: se il giudice sancisce che un licenziamento è illegittimo la noma attuale prevede un tetto massimo di indennizzo, soltanto sei mesi, che possono diventare 10 se l’anzianità di servizio è più di dieci anni e 14 se più di venti. “Noi vogliamo che il giudice abbia la possibilità di definire più liberamente l’indennizzo – dice il segretario – in base alla capacità economica dell’impresa, alla situazione familiare del lavoratore, alla sua età e ai carichi di lavoro, per esempio”. Secondo la Cgil infatti, sollevare il tetto massimo può essere un deterrente ai licenziamenti illegittimi, perché un datore di lavoro, se rischia di pagare indennizzi consistenti, è più propenso a evitarli.

Il terzo quesito propone l’abrogazione della norma che consente di stipulare i contratti a termine senza alcun motivo. “Chiediamo la reintroduzione delle causali, in linea con le norme europee, perché oggi si fa un uso improprio del contratto a termine, consentendo alle imprese di prendere e lasciare a casa i dipendenti a loro piacimento, un far west che ha creato solo altra precarietà.”

Il quarto infine, riguarda la salute e sicurezza nel lavoro in appalto e subappalto: oggi non è prevista alcuna responsabilità delle committenti quando esternalizzano e subappaltano, anche a cascata, le attività ad altre imprese. “Purtroppo – sottolinea Durante – accade spesso che quelle attività vengano subappaltate senza tener conto della solidità o serietà di imprese che poi applicano crefetratti irregolari e risparmiano sulla sicurezza”. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con l’incremento, ormai insostenibile e inaccettabile, degli incidenti mortali e degli infortuni sul lavoro. Il quesito vuole cancellare la norma che esclude la responsabilità delle committenti, per spingerle a selezionare appaltatori adeguati e rafforzare e ampliare la sicurezza sul lavoro.

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