In Saregna crescono le imprese gestite da donne.
Secondo gli ultimi dati pubblicati nel dossier “Donne Impresa-8 marzo” di Confartigianato Imprese Sardegna sui dati Unioncamere-StockView-Infocamere del 2023, sono 39.556 le aziende isolane guidate da donne: più di una su cinque, il 23,2%.
Di queste realtà il 15,3% (6.060 unità), sono artigiane e rappresentano il 17,6% dell’artigianato totale.
Nello specifico, tra tutte le imprese artigiane femminili quelle gestite da giovani donne, con meno di 35 anni, sono 696, pari al 11,5% dell’artigianato femminile e al 17,4% delle imprese totali femminili-giovanili; mentre quelle gestite da donne straniere sono 351, pari al 5,8% dell’artigianato femminile e al 12,4% delle imprese totali femminili-straniere.
Il numero di imprese gestite da imprenditrici registra per l’artigianato sardo, a fine 2023, una dinamica tendenziale preceduta da segno positivo, pari al +1,1% rispetto all’anno precedente, con 66 imprese in più, incremento più accentuato rispetto a quello rilevato per la componente maschile (+0,2%).
“Questi numeri confermano il ruolo rilevante svolto nella nostra regione dalle imprese guidate da donne che, con passione e determinazione, contribuiscono allo sviluppo e al progresso della nostra economia e del nostro territorio – affermano Elisa Sedda e Norella Orrù, imprenditrici e dirigenti di Confartigianato Donne Impresa Sardegna – tutte coloro che fanno impresa, però, devono continuamente fare i conti con la carenza di politiche a favore dell’occupazione femminile e con un welfare che non aiuta a conciliare il lavoro con la cura della famiglia”. Poi aggiungono: “Serve una svolta. Basta con gli interventi-spot: il futuro del nostro Paese dipende anche da quanto e come investiremo, con misure strutturali e stabili”.
“Siamo certe – continuano Sedda e Orrù – che la scelta di una donna alla guida della Sardegna, la neopresidente Alessandra Todde, a cui vanno i nostri migliori auguri per la nuova Legislatura, porterà una accelerata di questo lento, ma inesorabile, processo di crescita verso una effettiva parità di condizioni”. “Non possiamo più accontentarci delle quote rosa – concludono Sedda e Orrù -, che non rappresentano la formula magica per risolvere il problema della parità di genere, degli interventi una tantum e di effimere corsie preferenziali”.
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