Prima pagina Diritto all’aborto, in Sardegna aumentano obiettori di coscienza

Diritto all’aborto, in Sardegna aumentano obiettori di coscienza

Sebbene nell'Isola il numero di obiettori è inferiore rispetto alla media nazionale, nel 2021 si è registrato un aumento di chi non pratica l'interruzione volontaria di gravidanza

Mentre la Francia inserisce il diritto all’aborto nella Costituzione, in Italia l’interruzione volontaria della gravidanza è ancora una corsa a ostacoli e anche se la Sardegna, il territorio di Cagliari in particolare, ha una situazione meno critica rispetto al resto d’Italia, emerge qualche dato non proprio positivo. Questa la sintesi dell’ultima analisi del Centro studi Cgil Sardegna su dati Istat e Ministero della Salute.

La situazione nell’Isola, e nel territorio di Cagliari è caratterizzata da luci e ombre: la Sardegna, infatti, non è all’anno zero in fatto di applicazione della 194, mentre si distingue in negativo per qualche dato, ad esempio la tipologia di interventi medici utilizzati e un trend in leggera crescita degli obiettori.

Secondo l’analisi in questione, la quota di ginecologi obiettori, nel 2021, in Sardegna è più bassa rispetto alla media nazionale (59,2% contro il 63,4% nel resto d’Italia) mentre è più elevato il numero degli anestesisti obiettori (il 49,7% a fronte del 40,5% nazionale). L’obiezione di coscienza riguarda meno il personale non medico: in questo caso il dato sardo (36,3%) è superiore di tre punti percentuali rispetto a quello italiano.

C’è un punto però che merita una certa attenzione: mentre il trend italiano, rispetto al 2020, è in contrazione, in Sardegna la percentuale degli obiettori è in crescita: nel 2021 si registra +3,6 tra i ginecologi e +0,6% tra il personale non medico. Il dato degli anestesisti è stabile dal 2020 al 2021 ma registra un +9% dal 2019.

Per quanto riguarda le strutture dove si pratica l’Ivg, nel 2022 sono in Sardegna il 63,6% fra ospedali e case di cura autorizzate con reparto di Ostetricia, una media superiore a quella nazionale che si attesta al 59,6%.

L’aborto farmacologico, il meno invasivo, nell’Isola è praticato solo nel 36,2% dei casi, mentre la percentuale in Italia sale al 49,2. In questo quadro si distingue la Città metropolitana di Cagliari, che si allinea al dato nazionale. Il numero di raschiamenti è sensibilmente più alto nell’Isola: 21% a fronte dell’appena 7,2% della media nazionale. Una percentuale decisamente negativa se si pensa che si tratta di una tecnica associata a un maggior rischio di complicanze per la donna e che l’Istituto superiore di Sanità ha avviato un progetto per promuovere tecniche meno invasive nelle regioni con un ricorso al raschiamento superiore al 15%.

In generale, come avviene nel resto del Paese, il numero di interruzioni volontarie di gravidanza diminuisce costantemente: nel 2022 in Sardegna sono state 1288 (il 28,6% ha interessato il Cagliaritano, il 35,8% la provincia di Sassari), mentre erano 1382 nel 2021 (numeri ben lontani dalle quasi 5000 Ivg del 1982). In Sardegna, le donne che vi ricorrono sono nella quasi totalità maggiorenni e adulte (nel 45,4% dei casi hanno tra i 30 e i 39 anni e nel 34,8% tra i 20 e i 29 anni – Istat 2022). Sono prevalentemente diplomate (44,9%) o con la licenza media (38%) e, in oltre 7 casi su 10, sono nubili (dato più elevato della media nazionale che si attesta al 59,7%).

Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it