Le forze politiche sarde si avviano verso le elezioni Regionali 2024. I quattro candidati alla presidenza (Alessandra Todde, Lucia Chessa, Paolo Truzzu, Renato Soru) stanno girando l’isola raccontando la loro idea di Sardegna.
Se c’è un elemento di fondamentale importanza, però, è quello economico. E i dati regionali hanno vissuto in questi ultimi anni delle vere e proprie montagne russe. Complici anche una pandemia e l’avvio di alcune guerre.
Con Riccardo De Lisa, esperto internazionale di economia finanziaria e docente all’Università di Cagliari, proviamo a capire a che punto si trova l’isola. E quali dovranno essere le azioni economiche necessarie per far crescere la Sardegna.
Quali sono le principali criticità che dovranno essere affrontate nella prossima legislatura?
In Sardegna abbiamo diverse criticità che meriterebbero certamente un approfondimento, molto più ampio di quello che possiamo fare in questa intervista.
Senza alcuna pretesa di esaustività, di completezza e nemmeno di priorità, vi sono, per così dire, tre grandi “elefanti” da affrontare. Una prima grande criticità è che noi non siamo bravi a spendere il (tanto) denaro che abbiamo oggi nelle casse regionali. Ci sono tanti motivi perché questo accade, tutti importanti ma dobbiamo risolverli. Se spendiamo i soldi con rapidità e per scopi ben calibrati, diamo una bella spinta all’economia. Se noi non riusciamo a spendere i soldi, non ha un granché di senso averne così tanti. Più in generale, dobbiamo migliorare la nostra capacità di fare, di eseguire le cose. Non dobbiamo solo decidere, ma anche eseguire. La programmazione regionale, la finanziaria regionale dovrebbero giocare il ruolo di “locomotive” di questo processo. Un secondo elemento su cui riflettere riguarda la cultura di impresa. In Sardegna abbiamo bisogno di nuove imprese, di imprenditori, di nuove managerialità e di innovazione; lo sviluppo è fatto di imprese. In questo, le università, l’istruzione, centri di formazione e le associazioni di categoria possono giocare un ruolo di forte stimolatore e di facilitatore. Si collega a questo punto, la crescita della competitività delle nostre imprese e la loro capacità di innovare. I trasporti e la continuità territoriale sono il terzo elefante. Forse è meglio dire la discontinuità territoriale. Chi viaggia spesso, si muove nell’Isola conosce quanto la mobilità sia ostacolata. Senza una efficace continuità territoriale e collegamenti interni ed esterni, lo sviluppo economico dell’Isola è frenato. Vi sono altre criticità, come dicevo, ma questi tre aspetti sono senz’altro molto significativi.
Quanto conta il rapporto tra Stato e Regione?
Conta molto. Il punto è che il rapporto deve essere gestito, non subìto. Dalla relazione con lo Stato si può (e si deve) ottenere molto. Non vi è solo un tema di relazione tra Regione e Stato, ma anche di rapporto tra la Regione e l’Europea, così come tra Stato ed Europa. Le relazioni vanno presidiate e ben gestite. Se non si è “sul pezzo” non possiamo poi lamentarci che le cose non vanno per il verso desiderato. Per la mia esperienza, ad esempio, le nostre presenze “attive” in Europa sono molto deboli, soprattutto se le compariamo all’impegno che invece profuso da altri paesi europei.
Si parla tanto di autonomia della Sardegna. Ecco: la Sardegna sarebbe in grado di autodeterminarsi finanziariamente, staccandosi dallo stato nazionale?
Direi che sarebbe, per così dire, una idea bizzarra. La nostra economia è fragile, con gambe mingherline e difficilmente potrebbe reggersi in piedi senza lo stato nazionale. Altra cosa è gestire al meglio l’autonomia e gli spazi di discrezionalità che già abbiamo o che possiamo negoziare. Così come altra cosa è sfruttare al meglio le possibili agevolazioni che potremmo avere.
Qualche idea per smuovere le cose?
Occorre, mi passi il termine, una sorta di “chiamata alle armi”. Sarebbe importante che le diverse parti dei meccanismi dell’economia regionale si muovano verso un fine comune proprio, per amplificare la forza delle azioni. Il “risveglio” e il rilancio deve essere sistemico, per essere efficace. Permetta una metafora finale: la “chiamata alle armi” è necessaria per la trasformazione che la Sardegna dovrebbe avere da “bruco a farfalla”, perché al suo interno ha un animo da “farfalla”, ma ora permane il “bruco”.
Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it