“La prima promessa è impegnarsi per una politica che rimetta al centro quel diritto alla salute che sta venendo a mancare in questi anni: la politica deve selezionare le persone competenti e lasciarle lavorare senza andare in corsia a cercare il consenso, perché l’unico interesse è la salute delle persone”. L’ha detto Renato Soru a Santadi durante l’incontro dedicato alla “Medicina territoriale” ospitato ieri pomeriggio nel centro di aggregazione sociale e coordinato dallo scrittore Cristian Nonnis.
Come nelle altre due occasioni dedicate alla sanità a Cagliari e Sassari, anche l’incontro di Santadi si è aperto con interventi e testimonianze di chi lavora ogni giorno in corsia o opera a stretto contatto coi malati: è emerso un quadro con poche luci e tante ombre, ancora più marcate in un territorio in forte difficoltà come il Sulcis.
Il candidato presidente della Coalizione sarda ha proposto la sua “ricetta” per riportare la sanità pubblica a buoni livelli di assistenza: “La cosa fondamentale – ha detto – è il personale sanitario: dev’essere numericamente adeguato, preparato e motivato. Oggi abbiamo pochi medici, pochi infermieri e nei prossimi anni ne mancheranno sempre di più. Quindi l’urgenza è quella di un piano straordinario che aumenti il personale al lavoro, ma bisogna anche intervenire per rendere attrattive certe specializzazioni che oggi sono poco considerate dai giovani medici e per portare più giovani a scegliere anche le scienze infermieristiche”.
Un altro ingrediente di una buona sanità moderna, ha detto Soru, è “la transizione digitale perché la grande potenza degli strumenti tecnologici di oggi può cambiare in maniera radicale l’assistenza: i dati sono un tesoro per l’adeguatezza delle prestazioni, per la ricerca scientifica e la qualità del servizio sanitario per esempio. Per esempio, grazie a un fascicolo sanitario elettronico che funziona e che viene aggiornato possiamo assicurare cure migliori e più rapide. Ma potremmo anche ottenere esami specialistici senza penare col CUP: in altre regioni non esiste più e la prenotazione degli esami passa dai medici di medicina generale”.
Non ci vuole un’ennesima riforma dell’organizzazione sanitaria, ha poi continuato il candidato. “Il problema della sanità non è
l’organizzazione delle Asl. Ci teniamo quella che abbiamo e dobbiamo farla funzionare. Anche sulla rete ospedaliera si è tanto litigato in questi anni, non sempre per ragioni nobili,e si è perso di vista che ciascuno di noi vuole essere curato il più vicino possibile a casa sua”. Quindi, ha detto Soru, “bisogna rilanciare anche la medicina territoriale, ragionando in modo positivo sulle Case di comunità: per me sono un’opportunità perché garantisci ai cittadini che ci sia sempre un medico che li possa prendere in carico. Quello che conta non è l’edificio o metterli tutti sotto lo stesso tetto, ma il sistema organizzativo che metta a frutto reti organizzative funzionali tra medici”.
Perché, ha concluso il candidato della Coalizione sarda, “nel Sulcis e negli altri territori dell’isola conta soprattutto garantire il diritto alla salute e non avere un amico che mi faccia saltare le liste d’attesa. La politica ha tantissime responsabilità sulla situazione della sanità sarda: molto spesso viene nominato il medico amico o il primario che ha fatto un favore. Per questo, nel 2004, nominai un assessore che veniva da Torino e non aveva legami politici in Sardegna e ottenemmo tanti buoni risultati. L’unico interesse della politica nella sanità dev’essere la salute delle persone”.
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